Vicolo del mortaio di Nagib Mahfuz

Pubblicato il 15/04/2021

La letteratura araba contemporanea, spesso sottovalutata a livello internazionale, ha concepito opere di grande valore e ad alcuni romanzi sono stati conferiti importantissimi premi, proprio a testimoniare la qualità di tematiche e stile. Per questo motivo, noi di Sguardo a Sud-Est abbiamo deciso di dedicare la nostra estate a presentare casi esemplari in tal senso. La scelta del primo romanzo non poteva che ricadere su Vicolo del mortaio di Nagib Mahfuz. Pubblicato al Cairo nel 1947, زقاق المدق (Zuqāq al-midaq) è stato insignito nel 1988 del premio Nobel per la letteratura; un anno dopo, grazie a questo riconoscimento, colpì l’attenzione dell’editore Feltrinelli, che ne pubblicò una traduzione italiana a cura di Paolo Branca. Della vastissima produzione letteraria di Mahfuz, Vicolo del mortaio è forse il romanzo più esemplare, con uno stile narrativo così coinvolgente che sembra quasi di abitare in un appartamento delle case a tre piani in fondo al vicolo. Con la Seconda Guerra Mondiale sullo sfondo di una Cairo in attesa del cambiamento, la storia influenza la vita degli abitanti del vicolo, che di storia ne ha vissuta tanta, come si legge nell’introduzione: «Il Vicolo del Mortaio, come si vede ancora da molti segni, è stato una delle meraviglie dei secoli passati e un tempo ha brillato come un astro fulgente nella storia del Cairo. Quando? All’epoca fatimita, oppure in quella dei Mamelucchi o dei Sultani? Lo sanno solo Dio e gli archeologi… si tratta in ogni caso di una preziosa antichità. […] Ora tutto è diroccato, in rovina. I forti aromi delle erbe medicinali di un tempo hanno lasciato il posto ai profumi di oggi e a quelli che verranno, ma il Vicolo continua a vivere quasi isolato dal mondo che gli scorre attorno, a risuonare di un’esistenza propria, profondamente legata alle radici della vita, e a conservare i segreti del passato.» Il microcosmo del vicolo e i suoi abitanti si vedono costretti ad affrontare la vita che, inesorabile, scorre dietro l’angolo della strada. La voglia di riscatto, il connubio forzato tra possibilità e desideri, la ricerca di un cambiamento che il vicolo non può offrire, ma che è difficile da raggiungere sono il motore di un romanzo che, con le sue descrizioni puntuali e la sua narrativa tenue, coinvolge il lettore nelle vicende del vicolo e nello spirito di personaggi coi quali è difficile non entrare in empatia. La storia dell’amore di Abbas al-Helwu per Hamida si intreccia alle vicissitudini degli altri personaggi del vicolo; lo sguardo attento del narratore li segue nei pensieri e nelle azioni e così facendo li svela, stando tuttavia attento a non giudicarli. Il tempo scorre inesorabile ed è scandito solo dal ritmo degli eventi, vicini e lontani, il cui racconto passa di bottega in bottega, dall’alba sino al tramonto, destinati poi a dissolversi nella quotidianità di un angolo della capitale egiziana che difficilmente si fa scalfire dagli accadimenti esterni, in un ciclico ritorno alla normalità. Il romanzo rispecchia con realismo e distaccata riflessione una Cairo che vive a metà tra la quotidianità e la voglia/necessità di cambiamento. Mahfuz si fa voce di tale condizione in un’opera di grandissimo successo che ha portato la letteratura araba dinanzi al pubblico internazionale e ha stimolato l’interesse per una produzione vasta, multiforme e utile alla comprensione di un contesto molto spesso vittima di stereotipi e luoghi comuni. Una curiosità: nel 1963 il romanzo è stato oggetto di adattamento cinematografico con una sceneggiatura dello stesso Mahfuz e ha ispirato, nel 1995, la realizzazione di un film messicano, El callejón de los milagros, che riprende le tematiche cardine del Vicolo del mortaio e le adatta al Messico di fine anni Sessanta; la protagonista del film è l’attrice Salma Hayek. Mauro Moschitta

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