Corriere di notte di Hoda Barakat

Pubblicato il 15/04/2021

Per concludere il percorso di Sguardo a Sud-Est attraverso i riconoscimenti internazionali alla letteratura araba, non potevamo non parlare dell’IPAF. Meno noto dei premi finora menzionati, “The International Prize for Arabic Fiction” è il premio letterario più prestigioso e importante nel mondo arabo. Il suo obiettivo è quello di premiare l’eccellenza nella scrittura creativa araba contemporanea e di incoraggiare i lettori di letteratura araba di alta qualità a livello internazionale attraverso la traduzione e la pubblicazione di romanzi vincitori e finalisti in altre lingue principali. L’IPAF è stato lanciato ad Abu Dhabi nell’aprile 2007 e ogni anno un panel sempre rinnovato di cinque giudici assegna un premio di 50mila dollari al vincitore e di 10mila dollari ad ognuno degli altri cinque finalisti per incentivare la traduzione dei rispettivi romanzi in inglese o in altre lingue. L’editoria italiana, negli ultimi anni, ha rivolto la sua attenzione a questa realtà in maniera costante: molti dei titoli vincitori o finalisti del premio sono stati tradotti in italiano e hanno ottenuto un buon successo di pubblico in termini di risonanza e ristampe. A farlo, però, sono state case editrici di medie dimensioni che, con grande intuito editoriale, si sono aggiudicate i diritti di opere come Frankenstein a Baghdad di Ahmed Saadawi (2014 Edizioni e/o), L’Italiano di Shukri Mabkhout (2015 Edizioni e/o), Una piccola morte di Mohamed Hasan Alwan (2017 Edizioni e/o) e Corriere di notte di Hoda Barakat (2019 La nave di Teseo). È proprio di quest’ultimo romanzo che parleremo nel nuovo appuntamento con Sguardo a Sud-Est, بريد الليل (Barīd al-layl) sesta opera della scrittrice libanese Hoda Barakat, nata a Beirut nel 1952 e trasferitasi a Parigi nel 1989, dove vive e lavora come giornalista. Il presidente di giuria ha affermato che “Corriere di notte è un romanzo di grande qualità che si distingue per la condensata economia di linguaggio, la struttura narrativa e la capacità di trasmettere i meccanismi interiori degli esseri umani. Scegliendo di utilizzare tecniche ben note nella scrittura di romanzi, Barakat ha affrontato una sfida, ma è riuscita a innovare in modo creativo all’interno della tradizione, per convincere con successo il lettore”. Ed è proprio la particolare e innovativa struttura narrativa a colpire e appassionare il lettore: l’opera si presenta inizialmente come un romanzo epistolare atipico, costituito da cinque lettere che gli autori, tutti anonimi arabi in fuga da qualcosa, indirizzano ai loro cari con formule altrettanto anonime (Mia cara, Mia cara madre, Caro fratello, Mio caro padre). Non c’è alcun indizio su dove vivano i mittenti, perché sono sempre in un posto temporaneo, come una stanza d’albergo o in un aeroporto. Il fil rouge che lega i cinque personaggi, tutti in perenne condizione di precarietà o fuga, che non si conoscono fra loro, è il destino delle loro lettere mai spedite: ognuna viene ritrovata dal successivo narratore, che utilizza la storia del precedente mittente come incipit per narrare la propria, in una catena che ha come denominatore comune l’incertezza del loro futuro e le difficoltà del loro passato. La prima e più consistente parte del romanzo, intitolata “Dietro la finestra”, viene completata dalla seconda e più breve sezione, “In aeroporto”, in cui i cinque destinatari delle lettere offrono il loro punto di vista sulle varie vicende personali, in una sorta di controparte narrativa rispetto ai mittenti. L’epilogo, intitolato “La morte del postino”, è costituito da un nucleo narrativo indipendente, un centro in cui le voci indirettamente si incontrano. Ma in un paese senza indirizzo o numeri civici come conseguenza della guerra, che tipo di lavoro può fare? Il finale aperto rispecchia i destini incerti di quelli che, in definitiva, sono sei personaggi alla ricerca di un futuro più saldo del loro passato e del loro presente. CURIOSITÀ: La vittoria dell’IPAF di quest’anno è stata tutt’altro che inaspettata: l’autrice non era inizialmente intenzionata a concorrere, ma il presidente di giuria l’ha spinta a partecipare con il suo ultimo libro (nonostante la lunghezza lo avvicini più ad una novella che ai lunghi romanzi che si sono aggiudicati il premio nelle passate edizioni). Il romanziere libanese Abdo Wazen, che era stato uno dei giurati della precedente edizione, ha fatto trapelare la vittoria della Barakat in anticipo rispetto all’annuncio ufficiale e, per questo motivo, una delle altre cinque finaliste, la scrittrice irachena Inaam Kachachi, ha deciso di non prendere parte alla premiazione. Mauro Moschitta

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